Edizione 2014

METALITALIA.COM FESTIVAL 2014
17/05/2014 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)

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Running order:

Apertura porte: 14.00

15.00 – GAME OVER
15.45 – ANY FACE
16.30 – NECRODEATH
17.25 – HOUR OF PENANCE
18.20 – DESASTER
19.25 – MASTER
20.35 – IN.SI.DIA
21.55 – IMPALED NAZARENE
23.30 – AT THE GATES

Introduzione e coordinamento a cura di Marco Gallarati
Report in diretta a cura di Emilio Cortese (Any Face, Hour Of Penance, Master), Giacomo Slongo (Hour Of Penance), Giovanni Mascherpa (Game Over, In.Si.Dia, Impaled Nazarene) e Marco Gallarati (Necrodeath, Desaster, At The Gates)
Fotografie di Francesco Castaldo

Introduzione

Terza edizione del Metalitalia.com Festival, pronti e carichi a partire! Come tutti voi dovreste già sapere, quest’anno abbiamo deciso di impostare la manifestazione sull’estremo, lasciando da parte, almeno per questa volta, la varietà di suoni che aveva caratterizzato le due precedenti tornate, con Lordi, Moonspell, Uriah Heep e Destruction come principali attrazioni. Le leggende del death metal melodico svedese, gli At The Gates dei gemelli Bjorler e di Tomas ‘Tompa’ Lindberg, ci allieteranno quest’oggi con le loro memorabili bordate abrasive, si spera con una setlist devastante, in attesa di sentire la loro rentrée discografica prevista per questo inverno con “At War With Reality”, certamente uno dei dischi più attesi del 2014. Ma anche il resto del bill chiamato siamo (quasi) sicuri saprà demolirvi per bene, a partire dai folli finnici blasfemi Impaled Nazarene, una certezza dal vivo, e dagli stoici Master. Attesisissima anche la performance di una nostra gloria nazionale, i thrasher IN.SI.DIA, alla reunion storica dopo lustri di assenza. Il vecchio e il nuovo italiano sono inoltre rappresentati anche da Necrodeath e Hour Of Penance, questi ultimi al rientro sui nostri palchi dopo il gettone inserito all’esordio della manifestazione. Tutta da (ri)scoprire, invece, la formazione black tedesca dei Desaster, nome fra i prime-mover della scena europea. Apriranno l’evento, infine, i ferraresi Game Over e i varesini Any Face, due band con già alle spalle una buona esperienza. Un bill poco variegato, in definitiva, per un massacro sonoro che speriamo possa divertirvi fino a tarda serata.

Bene, i cancelli sono ormai aperti da un’ora e stiamo attendendo la salita sul palco degli opener della manifestazione. Gli stand sono già visitati dai primi avventori del Live Music Club e non resta altro da fare che andare sotto il palco a gustarsi gli spettacoli. Buon divertimento da parte della Redazione di Metalitalia.com, e seguiteci durante il corso della giornata!
(Marco Gallarati)

 

GAME OVER – 15.00
Provenienza: Ferrara, Italia
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Un po’ di gente è già dentro, sta girando comodamente tra una quantità di stand normalmente impensabile in un festival italiano, quando con puntualità tedesca i giovani thrasher ferraresi vanno on-stage. Introdotti da un intro preso da un film di fantascienza, con il loro nome scandito proprio alla fine, i Game Over azzannano il pubblico con tutto l’entusiasmo che un giovane gruppo può avere in una occasione importante come questa. Lo spazio davanti al palco si popola in maniera abbastanza soddisfacente, mentre i Nostri iniziano a percorrere avanti e indietro l’intero stage. Sembra abbiano studiato benissimo le movenze, le pose e le espressioni dei Metallica di fine anni ’80: tante corse dalla batteria alle spie e da un angolo all’altro del palco, ammiccamenti, ghigni e sguardi stralunati, tutto il campionario dell’entertainer sgamato viene sciorinato dai Game Over. Il pubblico risponde bene al loro impasto di Metallica – l’influenza principale – Exodus, Testament e Death Angel. Il pedale dell’acceleratore è perennemente a tavoletta, si picchia senza dare respiro, nemmeno negli assoli, suonati con tapping svolazzanti e ampio scambio di convenevoli tra le due chitarre. Si segnala per simpatia e ironia il singer/bassista Renato “Reno” Chiccoli, e arriva una piccola ovazione quando si annuncia un pezzo ispirato al cult horror/kitsch “Il Bosco 1”. A breve arriverà il secondo album “Burst Into The Quiet”, di cui oggi ci vengono presentati un paio di pezzi. Un bell’inizio, salutato dal primo accenno di mosh di uno sparuto manipolo di facinorosi. Ci sarà tempo per le masse oceaniche dedite all’autoscontro, per ora annotiamo una partenza con il piede giusto all’insegna del thrash più ortodosso.
(Giovanni Mascherpa)

ANY FACE – 15.45
Provenienza: Varese, Italia
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E’ una performance più che soddisfacente quella degli Any Face, che con il loro technical death metal cupo e introverso, ci regalano una bella mezz’ora di ritmiche complesse ed elaborate utile a scaldare e bruciare le prime cellule cerebrali che, in questa giornata di metallo pesante, verranno messe a dura prova. Come è giusto che sia, la setlist dei varesini è incentrata principalmente sulla loro ultima recente uscita discografica “Perpetual Motion Of Deceit”, da cui vengono estratte sia la title track che la variegata “Fading In Confusion”, con alcune aperture melodiche davvero interessanti, che “Desensitized”. L’alto tasso tecnico contenuto nella proposta musicale dei Nostri non consente ai vari strumentisti una presenza scenica che preveda un coinvolgimento del pubblico o un saltellamento continuo sul palco, come invece era successo con i Game Over. Tuttavia ci pensa il loro frontman Luca Pitzianti a tenere alto il morale delle truppe e a cercare di caricare un pubblico sulle prime non troppo partecipe, forse perché annichilito dal riffing contorto e che a tratti ci porta alla mente certi Pestilence. A chiudere questa performance è un brano estratto da “The Cult Of Sickness”, ovvero la bella “Dead Corpse Walking”. Come da copione siamo rigorosamente con le corna alzate, già caldi per i Necrodeath.
(Emilio Cortese)

NECRODEATH – 16.30
Provenienza: Genova, Italia
Sito ufficiale

Il festival entra nel vivo con la performance dei Necrodeath, combo più che esperto della Penisola che riesce, in circa quaranta minuti, ad esprimere il proprio thrash-black metal vecchia maniera in modo egregio, nonostante un settaggio dei suoni mai ottimale per tutta la setlist, soprattutto per quanto riguarda i suoni dei piatti della batteria di Peso, praticamente non udibili. Ma poco male, i nostri alfieri sciorinano una scaletta ‘best of’ che non può proprio scontentare nessuno, riversando sul parterre, finalmente quasi gremito ed osannante, le varie e urticanti “Hate And Scorn”, “The Creature”, “Necrosadist” e “At The Mountains Of Madness”. La band è tecnicamente una certezza, con gli ottimi Peso e Pier Gonella a far da mattatori, GL al basso impeccabile e un Flegias assolutamente a proprio agio – e ci mancherebbe, considerata l’esperienza! – nel ruolo di mefistofelico intrattenitore. La voce dell’appena succitato vocalist si perde un po’ durante le strofe più lancinanti del combo, ma, ad esempio, l’esecuzione di “The Creature” e dell’apocalittica chiusura di una “Mater Tenebrarum” debordante hanno sancito la definitiva promozione dei Necrodeath, pur in un posto del bill probabilmente a loro poco congeniale, almeno per un gruppo della loro importanza e valenza storica. Da segnalare l’esecuzione del piacevole “Lust”, brano contenuto in “The 7 Deadly Sins”, disco appena pubblicato dalla Scarlet Records e oggi presentato in anteprima. L’audience ha pogato e si è sgolata in cori, per cui possiamo proprio dire che l’evento è decollato con tutte le ruote e sta prendendo quota. Ora tocca alla macchina da guerra Hour Of Penance e si prevedono mazzate su mazzate!
(Marco Gallarati)

HOUR OF PENANCE – 17.25
Provenienza: Roma, Italia
Sito ufficiale

Mentre all’esterno gli Impaled Nazarene intrattengono il pubblico firmando autografi, facendosi fotografare dai fan e facendo, come si suol dire, ‘public relations’, i romani Hour Of Penance scatenano l’inferno sul palco del Live di Trezzo. Come asserimmo due anni fa, in occasione del primo Metalitalia.com Festival, il quintetto capitolino “onora due concetti in antitesi semantica: ‘live’ e ‘death (metal)’”, e mai come oggi siamo lieti di confermare tale affermazione. Forti di un’esperienza dal vivo di tutto rispetto, il quartetto era atteso sul palco dopo i recenti cambi di line-up. Ci sentiamo di porre l’accento sulla prova maiuscola di James Payne, batterista tentacolare, magnetico e assolutamente chirurgico che, oltre a raggiungere vette di velocità allucinanti, trova persino il tempo per giocherellare con le bacchette, incrociare le braccia e dare spettacolo. La presenza scenica dei Nostri è ancora una volta sorprendente, riuscente a catalizzare l’attenzione del pubblico senza bisogno di particolari incitamenti o discorsi tra un brano e l’altro. La scaletta è ben equilibrata tra vecchio e nuovo: non viene infatti dato rilievo soltanto ai brani tratti dalla loro ultima uscita, “Regicide”, ma vengono ripercorsi tutti i capitoli più significativi della loro ormai nutrita discografia. Come vere e proprie lamate si susseguono le varie “Sedition”, “Paradogma”, e si chiude con la mitica “Misconception”, vera e propria mazzata sui denti sferrata con una potenza inaudita. Nel mezzo ovviamente trovano comunque spazio anche “Regicide”, “Resurgence Of The Empire” e “Theogony” a rappresentare la svolta groovy del loro ‘nuovo’ sound. Dei suoni non proprio perfetti hanno reso l’esibizione non del tutto fruibile, soprattutto agli ascoltatori più occasionali della band o del genere. Si tratta comunque di piccolezze rispetto ad una prova da promuovere a pieni voti. Ora spazio ai Desaster!
(Emilio Cortese e Giacomo Slongo)

DESASTER – 18.20
Provenienza: Germania
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Dopo il devasto sonoro perpetrato dagli Hour Of Penance si torna indietro nel tempo, sia stando nell’ambito della storia dell’heavy metal, sia in quello della giornata odierna, visto che i germanici Desaster propongono una miscela metallica old-school e pregna di thrash e black metal, un po’ come hanno fatto, qualche ora fa, i Necrodeath. Il pubblico si mostra preparato e interessato alla performance dei ‘ragazzi’ di Coblenza, prima formazione non italiana del festival, pogando furiosamente sulle note assassine dei brani più feroci eseguiti. I suoni non sono ottimali e un po’ confusi, ma questo pare essere un leit-motiv della giornata, per cui l’importante è che l’impatto del metal estremo dei Nostri risulti efficace e diretto. Il crescendo della prestazione, man mano si susseguono i minuti, corrisponde ad un ribollire di mani e corna che sorgono spontanee fra il pubblico, letteralmente ipnotizzato e rapito dalla lunga e folk-oriented “Teutonic Steel”, il cui motivo melodico portante centra perfettamente il bersaglio. Il vocalist e frontman Sataniac, dotato di una muscolatura à la membro dei Manowar, pare indemoniato e sa come coinvolgere il già predisposto pubblico, mentre menzione particolare alla foga esecutiva di Infernal alla chitarra e alla distorsione estrema del basso di Odin; una tacca più indietro si segnala il batterista Tormentor, non aiutato anche dai suddetti suoni un po’ sporchi. I Desaster hanno comunque avuto un riscontro più che positivo, testimoniato anche dall’esecuzione di un bis finale non previsto. Ma bando alle ciance, perchè i Master sono già sul palco e stanno aizzando gli animi!
(Marco Gallarati)

MASTER – 19.25
Provenienza: Stati Uniti / Repubblica Ceca
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Quello che ci si aspetta da uno show dei Master è esattamente quello che poi accade. Il terzetto americano, capitanato dall’inossidabile e monolitico Gandalf del metal Paul Speckmann, è autore di una prestazione da autentici maestri, quali in effetti essi sono. A livello sonoro assistiamo ad un upgrade qualitativo tangibile sin dai primi minuti anche dalle ultimissime file. Questo non fa altro che accentuare al meglio l’indole ignorante ed istintiva della band; si susseguono pertanto ritmiche galoppanti, terremotanti scariche di doppia grancassa, mid tempo ripetuti allo sfinimento in un compendio di riff terribilmente coinvolgenti e che costringono anche il più impassibile degli ascoltatori a squassare il capoccione e ad alzare le corna al cielo al termine di ogni canzone. Ha senso parlare di una setlist dei Master? Forse non del tutto dato che, in effetti, la loro discografia si basa su poche, essenziali soluzioni stilistiche, che sono, guarda caso, i punti forti della loro musica. Vi basterà sapere che si è passati, senza troppi fronzoli, da brani più recenti come “Slaves To Society” a perle dal passato come “Judgement Of Will”, dal mitico “On The Seventh Day God Created…Master”, e “Funeral Bitch” dal mai troppo celebrato debut “Master”. Ha senso forse parlare di presenza scenica per una band che è in giro da più di vent’anni e che non ha mai tradito le aspettative? No, non ha senso, vi basti sapere che si è ripetuto l’ennesimo mitico concerto degli inarrestabili Master… E scusate se è poco! Ed ora largo alla reunion degli In.Si.Dia.
(Emilio Cortese)

IN.SI.DIA – 20.35
Provenienza: Brescia, Italia
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Per una volta partiamo dal fondo, dal ‘tutti felici, tutti contenti, tutti pazzi!’ scandito da Fabio Lorini nella conclusiva cover dei Negazione. Perchè quel grido di sardonica disperazione e di estremo tentativo di ribellione contro un mondo avaro di soddisfazioni racchiude invece, senza alcuna ironia, il giudizio nostro e del pubblico su questo inopinato rientro dei thrasher bresciani. Il miracolo operato dalla Eagle Booking, che è riuscita a richiamare agli strumenti una formazione che fino all’inizio di quest’anno non aveva alcuna intenzione di riprendere l’attività, ha prodotto una performance magari imperfetta, con qualche passaggio un po’ sporcato e assoli non sempre precisissimi, e la voce di Lorini a volte in difficoltà nella metrica, ma stracolma di feeling, di emozioni, vibrante e che ha colpito al cuore metallari che da tempo immemore aspettavano di sentire certe canzoni dal vivo. Dopo un inizio un po’ incerto con “Nulla Cambia”, che lascia freddini soprattutto per un Lorini poco incisivo alla voce, da “Parla, Parla” inizia l’ascesa degli In.Si.Dia, liberati dalle incertezze e dalla ruggine proprio in corrispondenza del fulminante attacco di questo pezzo. Le tonsille dei presenti accompagnano il singer in liriche che per una buona volta possono essere cantate comprendendone appieno il valore e la forza del messaggio, oltre che la terribile attualità. I quattro paiono sempre più sicuri con l’incalzare dei pezzi, genuinamente felici e increduli di vedere davanti a sè tanto sbattimento, tanta passione e gratitudine per rivederli sulle scene. Il mosh non coinvolge tantissime persone ma non si placa proprio mai fino a fine concerto, mentre si susseguono le atmosfere fosche di “Terzo Millennio”, la lotta tra ragione e fede di “Grido”, la ribellione urlata ai quattro venti di “Fuggire”. Scegliamo come momenti più toccanti “Il Tempo”, impagabile per l’inizio soffuso, i cambi di tempo spacca-menti e il nuovo stacco simil-acustico dopo la sfuriata centrale, e “Sulla Mia Strada”, dura e massiccia come i Metallica dei tempi d’oro. Bentornati In.Si.Dia!
(Giovanni Mascherpa)

Setlist:
Nulla Cambia
Parla Parla
Sì…Realtà
Grido
Terzo Millennio
Fuggire
Il Tempo
Qual E’ La Differenza
Sulla Mia Strada
Oltre Quel Muro
Tutti Pazzi

IMPALED NAZARENE – 21.55
Provenienza: Finlandia
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Impagabili Impaled Nazarene. Li abbiamo visti un numero esagerato di volte, vengono in Italia un anno sì e uno no e tutte le volte è la stessa, splendida storia. Apparentemente sono quanto di più sconclusionato possa esserci in giro, un guazzabuglio di black metal, punk nichilista, lerciume, ignoranza, volgarità senza pari suonato a duemila all’ora con pochissima – apparentemente, ripetiamo – attenzione ai dettagli. Poi arrivano sul palco, dopo essersi dati a bagordi da coma etilico tutto il pomeriggio, con Mika Luttinen che ha più alcol in circolo che sangue, l’occhio socchiuso pre-collasso, e ti sparano un fuoco di fila che lascia attorno a sè solo macerie. I quattro finlandesi tritano tutto quello che trovano, riducono in polvere ogni resistenza, ogni opposizione, vanno a mille all’ora senza alcun ritegno, senza mostrare rispetto per nessuno. I fuochi d’artificio all’uranio di “Nuclear Warrior” sono l’inizio di una sozzeria senza pari nella giornata odierna: Luttinen è in formissima a dispetto di una lucidità andata a farsi benedire probabilmente da quando si è alzato dal letto, veniamo rintronati dai suoi acuti isterici e scriteriati, finalizzazione di linee vocali grattate e imbevute di una trivialità e di una pazzia uniche. Non si faccia l’errore di considerare i suoi compagni di ventura dei semplici picchiatori, comunque, perchè il batterista è una macchina da guerra dai pochi ma letali colpi; il bruttissimo – oggi più del solito per via di obbrobriosi disegni fatti col pennarello sul volto – bassista Arc v 666 martoria il suo strumento con sadico compiacimento; e Tomi UG Ulgren alla chitarra piazza certi assoli da strazio delle carni senza i quali i pezzi sarebbero drammaticamente più poveri. La scaletta è bilanciata tra promozione del nuovo lavoro “Vigorous And Liberating Death” e tuffi nel passato da amarcord. Segnaliamo le sferragliate da rock’n’roll estremo di “Ghettoblaster” come uno dei momenti di maggiore coinvolgimento della platea, particolarmente fuori di testa in questa occasione, ma su di giri e in movimento per tutto il concerto. La vastità dell’area diventata campo di battaglia dei mosher più convinti ne è la testimonianza più fedele. Particolarmente esilarante, almeno per chi scrive, è stata l’evocazione della “libertà di espressione” da parte del singer per introdurre la scorrettissima “Zero Tolerance”, canzone che, per dirla in modo molto eufemistico, esprime un certo dissenso per i rapporti sessuali tra persone dello stesso genere sessuale. La chiusura è davvero col botto, dopo un finto saluto e conseguente uscita di scena, poichè ci godiamo in rapida e atroce successione “Sadhu Satana” e l’inno simil-militare “Total War – Winter War”, con la comparsata de Il Colonnello dei Frangar sui cori. Dopo tanta devastazione, come si fa a non amarli?
(Giovanni Mascherpa)

AT THE GATES – 23.30
Provenienza: Svezia
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Cosa scrivere sull’esibizione degli At The Gates di questa sera, dopo il malinconico annuncio, riportato prima dalla pagina Facebook degli svedesi e poi diffuso da noi di Metalitalia.com, dell’assenza del chitarrista solista, principale compositore e membro fondatore Anders Bjorler? Che la band, con attitudine professionale, ha suonato comunque cercando di auto-venirsi incontro? Che la band forse doveva restare a casa, in quanto, senza il proprio leader silenzioso, ha poco senso di ‘esistere’? Noi pensiamo, col senno di poi e dopo aver visto la prestazione tutto-cuore dei Nostri, che gli At The Gates abbiano fatto benissimo a presentarsi anche se in formazione rimaneggiata e, a detta dello stesso ‘Tompa’ Lindberg, per la prima volta senza Anders sul palco, particolare che, in ormai quasi venticinque anni di storia, non è affatto da poco. E dunque, ecco finalmente ‘Tompa’, Jonas Bjorler, Martin Larsson e Adrian Erlandsson salire on stage dopo ben sei anni dall’ultima volta sul suolo italico – Gods Of Metal 2008 – partendo a tutto spiano con la doppietta micidiale “Suicide Nation” – “World Of Lies”. L’audience reagisce subito molto bene, probabilmente già preparata alla mancanza del quinto musicista on stage, ma ‘Tompa’ si premura ovviamente lo stesso di confermare l’assenza del collega, ufficialmente per intossicazione alimentare acuta. Seguono a ruota “Raped By The Light Of Christ”, un brano superlativo, e la meno efficace “Terminal Spirit Disease”. A tratti il vuoto lasciato dalla prima chitarra si sente parecchio, soprattutto chiaramente in fase solistica ma anche in termini di spessore di suono, tanto che a momenti pare di sentire gli Impaled Nazarene con tonnellate di educazione tecnica e vocale in più e suoni puliti. Le stratificazioni della coppia d’asce sono irrimediabilmente perse, ma l’impatto non ne risulta inficiato più di tanto, tanto che dall’ora e un quarto prevista gli At The Gates limano la setlist di ‘solo’ tre pezzi, fra cui “Windows” e “With Fear I Kiss The Burning Darkness”, ovvero canzoni dei primissimi anni e più intricate rispetto alle composizioni più ‘orecchiabili’ di “Slaughter Of The Soul”, saccheggiato a mani basse dai quattro e praticamente eseguito in toto. “Nausea” ha generato un pogo bestiale, precedendo di poco “Unto Others” e una stranamente precoce “Blinded By Fear”, pezzo immortale della storia del metal estremo tutto. Ha chiuso, infine, e dopo le nuove scuse di ‘Tompa’ e le promesse di un pronto ritorno con un full set, l’epica “Kingdom Gone”, ultimo tassello di una manifestazione al 98% riuscita oltre le nostre più rosee aspettative. Anche Metalitalia.com si scusa per lo sfortunato imprevisto occorso agli At The Gates e si congeda ringraziando tutti gli accorsi e i partecipanti all’evento. Ci si vede l’anno prossimo, dunque, vero?
(Marco Gallarati)

Setlist:
Suicide Nation
World Of Lies
Raped By The Light Of Christ
Terminal Spirit Disease
Need
The Flames Of The End
Slaughter Of The Soul
Cold
Under A Serpent Sun
The Swarm
The Beautiful Wound
intermezzo
Nausea
Unto Others
Blinded By Fear
Kingdom Gone